Alla vigilia delle elezioni tutti diventano autonomisti

Comunicato da www.frontefriulano.org

Facendo riferimento ad un articolo pubblicato nei giorni scorsi nel Messaggero Veneto e dal titolo “Il Popolo del FVG a sostegno di Tondo e della Specialità” nel quale Il consigliere PDL Alessandro Colautti suggerisce al presidente Tondo di allargare agli la nascente Lista Civica del presidente agli Autonomisti, noi Autonomisti ed Indipendentisti veri, siamo qui a sgombrare qualsiasi tipo di dubbio e qualsiasi ipotesi di trasformismo “politico” che di politico non ha nulla se non di nascondere un operazione tesa a raschiare il fondo del barile per ingannare gli elettori. Ci sono due formazioni di ispirazione autonomista ed indipendentista ad aver garantito negli ultimi anni una presenza nel territorio oltre che ad aver partecipato alle ultime consultazioni elettorali, Il Movimento Autonomista Friulano ed il Front Furlan. Ebbene, recentemente MAF è Front Furlan hanno convenuto che sia giunto il momento di mettere da parte i rispettivi vessilli per costruire qualcosa di più grande e rappresentativo nel solo interesse del Friuli e dei Friulani che non si riconoscono in questa politica malsana e controllata in modo piramidale dai partiti. Uno dei punti fondanti di questo accordo amministrativo sta proprio nel non cercare e nel negare alcuna possibilità di accordi con partiti attualmente rappresentati in questo parlamento auto-referenziato e che ha abdicato alle responsabilità nei confronti degli elettori. Anche se il PDL si chiamerà Popolo del FVG, per noi resterà sempre quel PDL che si è fatto sottrarre parti importanti di quell’autonomia che ci deriva dalla Costituzione e che è stata sacrificata nell’interesse del “partito caserma”. Stesso dicasi per tutti gli altri e per tutti quelli che svendono quotidianamente il progetto della specialità nel solo interesse del proprio partito e degli interessi economici romani o milanesi. L’operazione di riesumare ciclicamente vecchi simboli dell’autonomismo friulano per crearsi una “stampella” elettorale ci lascia completamente indifferenti. In questo contesto di “Caporettiana” memoria, se andrà in porto questo singolare modello autonomista, sarà divertente sentire le giustificazioni di questi centralisti che fino a ieri hanno sostenuto le tesi dell’accorpamento delle Aziende Sanitarie, dell’Ater, dell’Erdisu, delle Camere di Commercio, degli Enti Fiera e dell’Università oppure i 370 milioni di euro ceduti a Tremonti senza battere ciglio. Acrobazie degne del peggiore trasformismo come un gatto che si arrampica su un vetro insaponato. Non abbiamo bisogno di “burattinai” esterni, ma meno che meno interni quindi noi, veri autonomisti ed indipendentisti, porteremo avanti con coerenza la nostra battaglia per un Friuli autonomo ed indipendente da qualsiasi organizzazione partitica nel solo interesse della nostra Terra, aperti alle novità, ma rigorosamente chiusi ad ogni accordo sia strategico che politico con coloro i quali hanno occupato le Istituzioni nel solo interesse dei rispettivi partiti. Avremo un unico interesse da difendere con le unghie e con i denti se è necessario: quello della Regione, quello della popolazione e la prerogativa della specialità per un rinnovato progresso economico nell’ottica del risparmio.

La proposta autonomista per il riassetto
istituzionale della Regione F.V.G.

Il Consiglio Direttivo dell’Associazione autonomista “Identità e Innovazione si è riunita lunedì 1 ottobre a Lestizza ed ha approvato un documento in cui si tracciano le proposte del movimento autonomista per una generale riorganizzazione delle autonomie locali e dell’assetto istituzionale della Regione, che deve avviarsi lungo le linee scelte a suo tempo dalla Regione Trentino-Alto Adige: una regione leggera, tre province forti federate e una città metropolitana nell’area triestina, la valorizzazione dei piccoli comuni da organizzarsi in unioni dei comuni obbligatorie, una radicale semplificazione amministrativa, il passaggio delle funzioni amministrative dalla Regione ai comuni e alle province, la soppressione o la privatizzazione degli enti e delle società di settore, la separazione del Friuli da Trieste.

Una proposta forte, che va contro le impostazioni centraliste che dominano in regione e nel paese: partecipazione, efficienza, responsabilizzazionem contrazione della spesa pubblica.

Di seguito il documento che viene esposto all’attenzione del mondo politico e dell’opinione pubblica.

La proposta autonomista per il riassetto istituzionale della Regione:

regione leggera, province forti, valorizzazione dei piccoli comuni organizzati in unioni obbligatorie, eliminazione degli enti di settore, semplificazione amministrativa, separazione del Friuli da Trieste

La via che gli autonomisti propongono è il contrario di quanto una classe politica priva di idee e prona ai grandi poteri politici, economici e mediatici di Roma e di Milano va perseguendo. Riportare il potere ai livelli ai quali la gente può esercitare il proprio controllo. E quindi, rivalutare i piccoli comuni, ricostituire gli organismi di quartiere, rafforzare in generale i comuni, attribuire tutte le funzioni di area vasta alle province, togliere ogni responsabilità di amministrazione e di gestione alla Regione, eliminare gli enti di settore. In altri termini la rigorosa applicazione del principio di sussidiarietà, di adeguatezza, di economicità, mediante la ricerca di un serio equilibrio tra la partecipazione dei cittadini ed l’efficienza delle strutture di servizio. La priorità agli enti degli “eletti” rispetto agli enti dei “nominati”.

I veri risparmi di spesa si ottengono per queste vie: riducendo la Regione ad un mero organo di legislazione e di rappresentanza verso l’esterno, semplificando radicalmente la legislazione e l’amministrazione con una grande opera di sburocratizzazione, riorganizzando i comuni, ed eliminando tutti gli enti di settore attualmente controllati da Regione, Provincia e Comune o non controllati da nessuno.

La Regione deve solo legiferare, e il meno possibile, e rappresentare gli interessi del territorio nel suo insieme nei luoghi in cui si prendono le decisioni che possono influenzare l’intera comunità regionale: Roma, Bruxelles, Lubiana e Vienna/Klagenfurt.

La legislazione e l’amministrazione devono subire una radicale opera di semplificazione, attraverso il disboscamento di una pletora di norme e di regole che rallentano le decisioni e richiedono un apparato amministrativo imponente per la loro gestione ed un forte ammodernamento delle strutture e delle procedure, attraverso una generale opera di digitalizzazione.

I comuni devono essere riorganizzati distinguendo tra funzioni di base (anagrafe, manutenzioni), che devono essere gestiti dai comuni anche di piccole dimensioni, e funzioni superiori, da attribuire ai comuni maggiori o a unioni obbligatorie di comuni che raggiungano le dimensioni necessarie a sostenere economicamente e tecnicamente tali funzioni (urbanistica, ambiente, attività produttive, ragioneria, tributi, personale).

Gli enti di settore, gestiti da amministratori che non rispondono direttamente agli utenti ma solo indirettamente agli enti locali e direttamente ai partiti, di cui rappresentano un patrimonio enorme di posti e di indennità, vanno in gran parte soppressi e personale, risorse competenze vanno trasferite agli enti eletti dalla gente, comuni e province. Tale opera di disboscamento va effettuata sulla base dei seguenti criteri:

a) enti regionali: vanno soppressi, con relativo trasferimento di competenze e risorse alle Province, a enti autonomi funzionali (Università, Camere di Commercio), o privatizzati. Si tratta di: FVG Strade, Ersa, Azienda delle Foreste, Turismo FVG, Insiel, Mediocredito, Aziende agricole regionali, Agemont (da mantenersi sotto il controllo delle Province di Udine e di Pordenone), Enti Parco (da mantenersi, trasferendone il controllo alle province e ai comuni), Erdisu (da trasferirsi alle Università), Ater (alle province);

b) enti territoriali, che svolgono le loro funzioni per territori più o meno vasti: vanno soppressi e le loro funzioni vanno trasferite alle province: ambiti ottimali per le risorse idriche, per i rifiuti, per i bacini idrici (a meno che non siano interprovinciali), consorzi di bonifica, e così via;

c) enti puntuali, che svolgono funzioni limitate a specifici punti del territorio e che richiedono specifiche e puntuali competenze tecniche: vanno mantenuti con la partecipazione di comune e provincia ed eventualmente della camera di commercio e di altre autonomie funzionali. E’ il caso dei Consorzi per le zone industriali, dei Distretti industriali, dei Poli tecnologici, degli Enti fiera, dei Consorzi universitari.

E infine la separazione tra il Friuli e Trieste. La struttura amministrativa unitaria in una realtà politica, sociale ed economica bipolare rappresenta un potente amplificatore di spesa. Un intervento serve o viene richiesto ad Udine? Deve essere concesso, per evidenti ragioni di equilibrio, anche a Trieste. E viceversa. Non si tratta di dividere in due la Regione, ma si deve garantire a entrambe le parti della Regione un volume prefissato di risorse, pari al gettito raccolto in ciascun territorio, e a ciascuna la responsabilità di gestire le risorse. L’assetto istituzionale va fortemente semplificato, con una Provincia di Trieste che si fonde con il comune di Trieste e con i comuni carsici, che non vogliano passare con la Provincia di Gorizia in modo da ricomporre l’unità della comunità slovena, in una Città Metropolitana, con le tre Province friulane che si coordinano in una Comunità delle Province, e con un Consiglio regionale che risulta dalla somma dei tre Consigli provinciali e del Consiglio metropolitano.

Si tratta di una riforma dagli effetti dirompenti, diretta a tagliare le unghie ai partiti, ad eliminare le duplicazioni, a conseguire rilevanti economie di spesa. E il tutto secondo una limpida definizione di responsabilità, con un una attenta gestione delle risorse e con una piena possibilità di controllo da parte dei cittadini/utenti, che devono esser posti al centro di ogni riforma e di ogni attività pubblica. Questo significa impostazione autonomista al problema del riassetto istituzionale della Regione.

Per questa via si realizzeranno le condizioni per una efficace partecipazione della gente ai vari livelli di decisione ed un efficace, efficiente ed economico uso delle risorse delle risorse disponibili.

Approvato dal Consiglio Direttivo di Identità e Innovazione nella seduta del 1 ottobre 2012

Procede il processo di indebolimento della Montagna friulana

Associazione per l’Autonomia del Friuli
Identità e Innovazione

COMITATO DI COORDINAMENTO DELL’ALTO FRIULI

Procede il processo di indebolimento della Montagna friulana che ha trovato negli ultimi tempi espressioni assai gravi in una serie di iniziative dirette a colpire il ruolo di Tolmezzo e dell’intera area montana.

Il processo di degrado della area montana non solo si è invertito nel corso degli ultimi anni, ma anzi ha trovato elementi di accentuazione nelle recenti misure istituzionali che l’hanno gravemente colpita:
la chiusura della Direzione provinciale della montagna di Tolmezzo istituita dalla Giunta provinciale di Udine a guida autonomista, e sua sostituzione con un piccolo ufficio decentrato dipendente direttamente da Udine;

il depotenziamento dei piccoli comuni della montagna e delle Comunità montane paralizzate per anni dalla gestione commissariale;

lo scorporo dell’Agemont con trasferimento di alcune sue importanti competenze alla Friulia con sede a Trieste;

la soppressione dell’Ater di Tolmezzo con conseguente accentramento a Trieste delle funzioni di governp di tale istituto;

la soppressione dell’Azienda Sanitaria dell’Alto Friuli, con conseguente trasferimento Udine delle funzioni dirigenziali;

soppressione del Tribunale di Tolmezzo e trasferimento delle relative funzioni a Udine.

Appare evidente la gravità di tali misure, che dimostrano tutta la disattenzione della Provincia, della Regione e dello Stato per i problemi connessi alla conservazione di una serie di servizi per la montagna friulana.

E’ evidente che per questa via:

si impoverisce il ruolo urbano della città di Tolmezzo, naturale capoluogo d tutta la Carnia;
si indebolisce la presenza delle principali funzioni amministrative, economiche, sociali, sanitarie e giudiziarie in un territorio caratterizzato da una grande estensione territoriale e da una vasta diffusione della popolazione su un territorio assai esteso;
si trasferiscono a Udine e a Trieste le funzioni dirigenziali e decisorie per funzioni di grande interesse per lo sviluppo del territorio;
si colpisce l’occupazione esistente sul territorio, gettando le premesse per un ulteriore indebolimento economico dell’area.

In questo modo non si avverte che non solo la popolazione, ma anche la superficie territoriale che rende più difficile l’accesso ai servizi, deve essere un parametro fondamentale per la localizzazione dei servizi pubblici.

Chiede che le amministrazioni pubbliche provinciali, regionali e statale rovescino il loro atteggiamento nei confronti dei territori montani, individuando un insieme sistematico di interventi che garantiscano la rinascita economica e sociale della montagna friulana, invertendo le tendenze in atto allo spopolamento, all’invecchiamento e al degrado economico e soprattutto rivedendo gli interventi in corso che gravi danni porteranno alla montagna friulana.

Il Comitato di coordinamento dell’Alto Friuli di Identità e Innovazione

Tolmezzo 31 agosto 2012

gnovis.identitaeinnovazione@gmail.com

La Festa del Friuli

Il 3 aprile 1077 il Friuli diventava Stato indipendente affidato alla sovranità del Patriarca d’Aquileia, per un atto dell’Imperatore Enrico IV.
Nasceva così lo Stato friulano. La comunità friulana veniva a costituirsi in Stato indipendente, sia pure con tutti i vincoli e le limitazioni che la sovranità statale veniva ad assumere nell’ambito di un sistema feudale che comunque vedeva la primazia dell’Imperatore del Sacro Romano Impero.
La Chiesa d’Aquileia assumeva anche il potere temporale, costituendo uno Stato dalle caratteristiche temporali originali, in quanto il Sovrano – il Patriarca – veniva coadiuvato e limitato nei suoi poteri dal Parlamento della Patria del Friuli, costituito ancora prima del Parlamento inglese e che si differenziava dalle contemporanee assemblee dei vassalli perché vedeva rappresentati non solo l’alta nobiltà (i castellani) e l’alto clero (gli abati), ma anche le città (comuni).
Il Friuli sarà retto a Stato indipendente per tre secoli e mezzo. Stato dotato di un proprio esercito, di una propria diplomazia, di proprie istituzioni amministrative e giudiziarie, di una propria legislazione, di una assemblea rappresentativa che è tra le più antiche d’Europa. In questo periodo si consolida la lingua friulana parlata dalle popolazioni locali secondo una particolare evoluzione del latino aquileiese e concordiese sovrappostosi ad una base sostanzialmente gallica, il che fa comprendere il friulano tra le parlate galloromanze alla stregua del francese, dell’occitano, del ladino dolomitico, del romancio grigionese, del catalano, del galiziano, nettamente distinte dalle parlate romanze orientali cui appartiene l’italiano.
In questi secoli si sviluppano le istituzioni civili fondate sulle comunità di villaggio e sugli organismi di governo delle città, si afferma sulla base di queste esperienze di autogoverno il senso di autonomia delle singole comunità, nasce il sentimento di appartenenza ad una comunità e ad un territorio che forma la Patria del Friuli. I friulani acquisiscono la consapevolezza di rappresentare una comunità autonoma, dalle caratteristiche culturali, sociali, comportamentali tutte proprie e originali.
Il Patriarcato cadrà nel 1420 sotto i colpi di maglio della Repubblica veneziana, che approfitterà della debolezza di un principato elettivo che è intrinsecamente fragile perché soggetto alle crisi ricorrenti della vacanza della sede patriarcale e alle influenze dei grandi poteri per l’elezione del nuovo Patriarca, delle divisioni interne tra la vecchia capitale di Cividale e la capitale emergente di Udine oltre che delle contrapposizioni interne alla feudalità. Durerà tuttavia abbastanza per alimentare nei secoli successivi nelle componenti più consapevoli della società friulana il ricordo di un periodo di indipendenza e l’aspirazione a riconquistare livelli elevati di autonomia. E’ tanto forte il sentimento di autonomia del Friuli, che la Repubblica di Venezia manterrà in vita tutte le istituzioni dello Stato patriarcale quale il vertice monocratico che assumerà il titolo di Luogotenente della Patria del Friuli e il Parlamento della Patria, che svolgeranno le loro attività e eserciteranno i loro poteri nel Castello di Udine.
Il dominio veneto rappresenterà un periodo di decadenza per il Friuli, visto come territorio di cui sfruttare le risorse forestali e la cui posizione confinaria non consiglierà di effettuare investimenti produttivi, data l’incertezza sul mantenimento di un controllo duraturo. Le penetranti descrizioni dei Luogotenenti sulle miserevoli condizioni del Friuli veneto confrontate con quelle floride del Friuli austriaco mettono ben in evidenza questi aspetti.
Il 3 aprile pertanto è una data fondamentale per la storia e l’identità del Friuli, che tutti i friulani devono ricordare e che le comunità friulane devono celebrare. Essa segna la nascita di un libero popolo, dotato di una propria lingua, di una propria storia, di alto sentimento della propria dignità e della propria autonomia.

Un nuovo poligono militare a Sauris

Nuovi rischi si stanno delineando per le condizioni ambientali dell’Alta Carnia dove pare essere in progetto un nuovo poligono di tiro al servizio dei militari americani, L’Associazione “Per altre Strade” di Forni di Sotto ha lanciato l’allarme sulla possibile utilizzazione del Monte Bivera che coinvolge i comuni di Prato Carnico, Ovaro e Socchieve. E sfiora quello di Sauris. Si conoscono gli inconvenienti che possono derivare dai poligoni di tiro, date le armi e i proiettili sofisticati che attualmente si utilizzano da parte delle forze armate. Si preannuncia una serie di manifestazioni di protesta che finiranno di coinvolgere l’Alta Carnia e le Prealpi carniche.

Valcanale e canal del ferro