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Il movimento autonomista friulano ” MAF ” si prepara alle elezioni

Comunicato

A Codroipo si è riunito il Consiglio Direttivo del Movimento Autonomista Friulano per gettare le basi per la costruzione di una lista autonomista alle prossime elezioni regionali. Presenti i rappresentanti dell’Udinese, del Friuli Occidentale, dell’Alto Friuli e del Friuli Isontino, il Presidente del Movimento Ing. Valeria Grillo ha riferito sui recenti contatti con  qualificati esponenti dell’autonomismo friulano e  con altri movimenti autonomisti. Con questi ultimi si sono concordate le linee per un’azione comune, fondato su un programma di rivendicazione della dignità del Friuli di fronte ai continui tentativi di negarne l’individualità e il diritto a percorrere autonomi itinerari di crescita.

Il nodo centrale della questione friulana consiste nella separazione tra Friuli e Trieste, secondo un modello che ha avuto successo nel Trentino-Alto Adige, nel rilancio dell’autonomia speciale contro

gli attacchi neocentralisti del Governo Monti, nella riforma della Regione secondo modelli autonomisti che si fondino sulla rigorosa e coerente applicazione del principio di sussidiarietà, nella rivalutazione delle autonomie locali costituite dai comuni e dalle Province, in una integrale applicazione  dei principi di tutela della minoranza linguistica friulana la cui esistenza in questa regione rappresenta la più convincente giustificazione del regime di autonomia differenziata che la Costituzione ha voluto garantire. La lotta allo spreco di risorse  pubbliche, ai privilegi concessi ad una classe politica priva del senso della dignità, la devastazione di risorse territoriali per la realizzazione di opere  pubbliche senza utilità e giustificazione, i legami di dipendenza e di sudditanza ai grandi poteri politici ed economici che si annidano a Roma, a Milano e a Trieste, rappresentano altrettanti elementi che giustificano una forte azione diretta al distacco del Friuli dalle altre realtà nazionali.

Le operazioni di travestimento delle diramazioni locali delle grandi forze nazionali non  dovranno  indurre in errore gli elettori friulani, che esprimeranno un giudizio chiaro sui maldestri tentativi di rivendicare una dignità del popolo friulano che è costantemente messa a repentaglio dalla sudditanza della classe politica regionale dimostrata nei confronti dei centri di potere triestini, romani e milanesi.

La convergenza con gli altri movimenti autonomisti è stata approvata all’unanimità dal Consiglio Direttivo, che ha anche gettato le basi per una forte azione politica diretta ad una efficace partecipazione alle prossime elezioni regionali.

E’ stata decisa la costituzione di cinque gruppi di lavoro che riguarderanno i seguenti temi: programma, candidature, raccolta firme, comunicazione e finanziamento.

Udine 25 ottobre 2012

IL PRESIDENTE DEL MAF

Ing. Valeria Grillo

 

La proposta autonomista per il riassetto
istituzionale della Regione F.V.G.

Il Consiglio Direttivo dell’Associazione autonomista “Identità e Innovazione si è riunita lunedì 1 ottobre a Lestizza ed ha approvato un documento in cui si tracciano le proposte del movimento autonomista per una generale riorganizzazione delle autonomie locali e dell’assetto istituzionale della Regione, che deve avviarsi lungo le linee scelte a suo tempo dalla Regione Trentino-Alto Adige: una regione leggera, tre province forti federate e una città metropolitana nell’area triestina, la valorizzazione dei piccoli comuni da organizzarsi in unioni dei comuni obbligatorie, una radicale semplificazione amministrativa, il passaggio delle funzioni amministrative dalla Regione ai comuni e alle province, la soppressione o la privatizzazione degli enti e delle società di settore, la separazione del Friuli da Trieste.

Una proposta forte, che va contro le impostazioni centraliste che dominano in regione e nel paese: partecipazione, efficienza, responsabilizzazionem contrazione della spesa pubblica.

Di seguito il documento che viene esposto all’attenzione del mondo politico e dell’opinione pubblica.

La proposta autonomista per il riassetto istituzionale della Regione:

regione leggera, province forti, valorizzazione dei piccoli comuni organizzati in unioni obbligatorie, eliminazione degli enti di settore, semplificazione amministrativa, separazione del Friuli da Trieste

La via che gli autonomisti propongono è il contrario di quanto una classe politica priva di idee e prona ai grandi poteri politici, economici e mediatici di Roma e di Milano va perseguendo. Riportare il potere ai livelli ai quali la gente può esercitare il proprio controllo. E quindi, rivalutare i piccoli comuni, ricostituire gli organismi di quartiere, rafforzare in generale i comuni, attribuire tutte le funzioni di area vasta alle province, togliere ogni responsabilità di amministrazione e di gestione alla Regione, eliminare gli enti di settore. In altri termini la rigorosa applicazione del principio di sussidiarietà, di adeguatezza, di economicità, mediante la ricerca di un serio equilibrio tra la partecipazione dei cittadini ed l’efficienza delle strutture di servizio. La priorità agli enti degli “eletti” rispetto agli enti dei “nominati”.

I veri risparmi di spesa si ottengono per queste vie: riducendo la Regione ad un mero organo di legislazione e di rappresentanza verso l’esterno, semplificando radicalmente la legislazione e l’amministrazione con una grande opera di sburocratizzazione, riorganizzando i comuni, ed eliminando tutti gli enti di settore attualmente controllati da Regione, Provincia e Comune o non controllati da nessuno.

La Regione deve solo legiferare, e il meno possibile, e rappresentare gli interessi del territorio nel suo insieme nei luoghi in cui si prendono le decisioni che possono influenzare l’intera comunità regionale: Roma, Bruxelles, Lubiana e Vienna/Klagenfurt.

La legislazione e l’amministrazione devono subire una radicale opera di semplificazione, attraverso il disboscamento di una pletora di norme e di regole che rallentano le decisioni e richiedono un apparato amministrativo imponente per la loro gestione ed un forte ammodernamento delle strutture e delle procedure, attraverso una generale opera di digitalizzazione.

I comuni devono essere riorganizzati distinguendo tra funzioni di base (anagrafe, manutenzioni), che devono essere gestiti dai comuni anche di piccole dimensioni, e funzioni superiori, da attribuire ai comuni maggiori o a unioni obbligatorie di comuni che raggiungano le dimensioni necessarie a sostenere economicamente e tecnicamente tali funzioni (urbanistica, ambiente, attività produttive, ragioneria, tributi, personale).

Gli enti di settore, gestiti da amministratori che non rispondono direttamente agli utenti ma solo indirettamente agli enti locali e direttamente ai partiti, di cui rappresentano un patrimonio enorme di posti e di indennità, vanno in gran parte soppressi e personale, risorse competenze vanno trasferite agli enti eletti dalla gente, comuni e province. Tale opera di disboscamento va effettuata sulla base dei seguenti criteri:

a) enti regionali: vanno soppressi, con relativo trasferimento di competenze e risorse alle Province, a enti autonomi funzionali (Università, Camere di Commercio), o privatizzati. Si tratta di: FVG Strade, Ersa, Azienda delle Foreste, Turismo FVG, Insiel, Mediocredito, Aziende agricole regionali, Agemont (da mantenersi sotto il controllo delle Province di Udine e di Pordenone), Enti Parco (da mantenersi, trasferendone il controllo alle province e ai comuni), Erdisu (da trasferirsi alle Università), Ater (alle province);

b) enti territoriali, che svolgono le loro funzioni per territori più o meno vasti: vanno soppressi e le loro funzioni vanno trasferite alle province: ambiti ottimali per le risorse idriche, per i rifiuti, per i bacini idrici (a meno che non siano interprovinciali), consorzi di bonifica, e così via;

c) enti puntuali, che svolgono funzioni limitate a specifici punti del territorio e che richiedono specifiche e puntuali competenze tecniche: vanno mantenuti con la partecipazione di comune e provincia ed eventualmente della camera di commercio e di altre autonomie funzionali. E’ il caso dei Consorzi per le zone industriali, dei Distretti industriali, dei Poli tecnologici, degli Enti fiera, dei Consorzi universitari.

E infine la separazione tra il Friuli e Trieste. La struttura amministrativa unitaria in una realtà politica, sociale ed economica bipolare rappresenta un potente amplificatore di spesa. Un intervento serve o viene richiesto ad Udine? Deve essere concesso, per evidenti ragioni di equilibrio, anche a Trieste. E viceversa. Non si tratta di dividere in due la Regione, ma si deve garantire a entrambe le parti della Regione un volume prefissato di risorse, pari al gettito raccolto in ciascun territorio, e a ciascuna la responsabilità di gestire le risorse. L’assetto istituzionale va fortemente semplificato, con una Provincia di Trieste che si fonde con il comune di Trieste e con i comuni carsici, che non vogliano passare con la Provincia di Gorizia in modo da ricomporre l’unità della comunità slovena, in una Città Metropolitana, con le tre Province friulane che si coordinano in una Comunità delle Province, e con un Consiglio regionale che risulta dalla somma dei tre Consigli provinciali e del Consiglio metropolitano.

Si tratta di una riforma dagli effetti dirompenti, diretta a tagliare le unghie ai partiti, ad eliminare le duplicazioni, a conseguire rilevanti economie di spesa. E il tutto secondo una limpida definizione di responsabilità, con un una attenta gestione delle risorse e con una piena possibilità di controllo da parte dei cittadini/utenti, che devono esser posti al centro di ogni riforma e di ogni attività pubblica. Questo significa impostazione autonomista al problema del riassetto istituzionale della Regione.

Per questa via si realizzeranno le condizioni per una efficace partecipazione della gente ai vari livelli di decisione ed un efficace, efficiente ed economico uso delle risorse delle risorse disponibili.

Approvato dal Consiglio Direttivo di Identità e Innovazione nella seduta del 1 ottobre 2012