La destrutturazione della Regione

Va avanti a passi da gigante un processo di completa destrutturazione della Regione, come del resto dell’intera Italia. Il gruppo politico che per una serie di inaspettate contingenze si è impadronito della Regione e del Paese non è sostenuto da alcun disegno politico
che non sia la conservazione del potere inaspettatamente conquistato attraverso la mera condiscendenza nei confronti delle più irrazionali pulsioni di una opinione pubblica che da decenni nessuno si è curato di formare e di informare. Crollate tutte le agenzie di socializzazione che nel passato svolgevano una meritoria opera di informazione della pubblica opinione e di formazione di una classe politica, emersa una società liquida orientata solo alla spettacolarizzazione della politica e alla affermazione di generalizzate nuove forme di invidia sociale, affermatesi con prepotenza nuove forme di comunicazione che esalta la capacità comunicative della rete, chi ci governa appare dedito ad inseguire o interpretare i messagi provenienti dall’opinione pubblica, senza individuare serie prospettive di riforma. In luogo di affrontare i reali problemi che coinvolgono il sistema economico, ci si concentra su temi che non sono in alcun modo in grado di far uscire il paese e la regione da un crisi gravissima. Ci si occupa di autoblu, di vitalizi, di leggi elettorali, di riforme del Senato, di riordino degli enti locali, di finanziamento ai partiti, di revisione del sistema sanitario, senza affrontare i problemi veri che sono quelli di un abbattimento dei costi di produzione, di
guadagno di compettività, di riduzione dei costi e dei consumi energetici, di digitalizzazione, di riforma della giustizia, di abbattimento dei costi della pubblica amministrazione, di semplificazione della legislazione, di decentramento delle responsabilità amministrative, di controllo democratico delle decisioni degli organi di governo, di rilancio degli impulsi imprenditoriali. E di fronte al vuoto di idee e alle carenze di capacità di progettazione che caratterizza la nostra classe politica regionale e nazionale, di fronte alla necessità di dimostrare le proprie capacità di riforma, ci si dedica ad operazioni di distruzione di strutture che pure hanno rivelato le proprie funzioni. In tutto il mondo esistono le Province. E noi, per accontentare una pubblica opinione fuorviata dalla iconoclastia di alcuni giornalisti di grido, le aboliamo. In tutto il mondo esistono strutture pubbliche o semi pubbliche di gestione, registrazione e assistenza al sistema delle imprese, le Camere di Commercio, e noi ci avviamo verso la sua distruzione. In tutti i paesi democratici i comuni sono le unità di base di una sana democrazia, e qui si ripercorrono le strade del fascismo che condusse alla soppressione di tanti comuni. Il Friuli ha percorso un itinerario di industrializzazione che si è basato sul risparmio di risorse territoriali reso possibile dalla costituzione di zone industriali che hanno limitato la proliferazione di stabilimenti industriali nelle campagne e la Regione si accinge ad abolire le strutture istituzionali che le governano. Abolite le comunità montane, indeboliti i comuni con la costituzione delle Unioni intercomunali, unificati i consorzi di ricerca: questi sono i piani dell’attuale Giunta regionale. Si lavora sia in Regione che nel Paese per una forte destrutturazione del territorio, con l’eliminazione di tutte le realtà intermedie che organizzano i servizi a livello di territorio, rappresentano le identità locali, realizzano la partecipazione dei cittadini e dei corpi intermedi alla gestione e al governo del territorio. Una devastante opera di distruzione di realtà istituzionali in nome della semplificazione, della compressione della spesa, della eliminazione di livelli di democrazia. Quando Serracchiani e Renzi se ne andranno, lasceranno dietro di loro il deserto. I loro sucessori saranno costretti a ricostruire un tessuto di istituzioni legate ai principi della partecipazione e della rappresentanza democratica. Soltanto va detto che sopprimere, sciogliere, disarticolare istituzioni che si sono formate spesso con un faticoso lavoro di organizzazione e di crescita è facile. Molto più difficile dedicarsi ad una ricostruzione, dopo che competenze saranno disperse, regole saranno soppresse, meccanismi di funzionamento si saranno dissolti.

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