A rischio la legge sulle minoranze tedesche

Nel 2009 il consiglio regionale per iniziativa del consigliere regionale tarvisiano Franco Baritussio del PdL approvava una legge organica per la tutela delle minoranze linguistiche germanofone del Friuli: la Val Canale, Sauris e Timau (e speriamo prossimamente Sappada). Si tratta di un insieme organico di interventi diretti a garantire la sopravvivenza di queste significative minoranze di antica origine, che sono sottoposte alla pressione del friulano e dell’italiano. Si considerano non solo interventi sul piano della cultura, ma anche su quello della istruzione e della formazione, e, vale la pena di sottolineare, anche sul piano del sostegno e della promozione delle attività economiche locali, senza il cui sviluppo è vano parlare di conservazione della identità linguistica di quelle comunità, che rischiano di collassare senza coraggiosi interventi per la crescita di attività imprenditoriali locali non solo nel settore turistico.
Naturalmente si sono subito messe in moto le resistenze della burocrazia regionale sostenute dall’insensibilità della classe politica regionale. Il finanziamento previsto dalla legge regionale 20/2009 era minimale, consistendo in appena 200 mila euro annui. Nella bozza di legge finanziaria 2011 in corso di predisposizione tale finanziamento per iniziativa delle strutture burocratiche sono state dimezzate, e cioè portate a 100 mila euro.
Scoperto tale intervento, il Consigliere Baritussio ha subito protestato con una interrogazione al nuovo Assessore alla cultura Elio De Anna. Si spera che non solo l’importo originario venga ripristinato, ma che venga adeguatamente rimpinguato, in quanto con 200 mila euro ben difficilmente si può dare una spinta efficace alla promozione di un patrimonio linguistico e culturale di grande valore.
Duole ancora lamentare l’arretratezza culturale di una classe politica che non comprende da un lato il valore di una testimonianza storica e linguistica di grande importanza come quella dei “tedeschi in Friuli” e dall’altra l’opportunità comunque di realizzare investimenti significativi in montagna.

Incontri a Bruxelles per il Corridoio baltico

Ben più interessante per il Friuli del Corridoio 5 potrebbe risultare il Corridoio Baltico-Adriatico, il progetto prioritario 23 che dovrebbe collegare i porti del Baltico e in particolare Danzica con i porti dell’Alto Adriatico allacciandosi a Trieste, Monfalcone, Venezia e Ravenna. Mentre il Corridoio Barcellona – Kiev si limiterebbe ad attraversare la Bassa Friulana con due sole fermate a Mestre e a Trieste, per cui alcun vantaggio, ma solo svantaggi, potrebbero derivarne per il Friuli, il corridoio verticale si gioverebbe della grande rete ferroviaria della Pontebbana, interamente rifatta dopo il terremoto e largamente sottoutilizzata, ed avrebbe il vantaggio di ricollegarsi oltre che a Trieste, ai due porti friulani dell’Aussa-Corno e di Monfalcone. In questi giorni gli Assessori del Friuli Venezia Giulia Riccardo Riccardi, quello del Veneto Renato Chisso e dell’Emilia-Romagna Alfredo Pieri si sono recati a Bruxelles per chiedere la prosecuzione del corridoio 23, che allo stato collegherebbe Danzica a Vienna, fino ai porti dell’Alto Adriatico.
Ci auguriamo che la nostra Regione riesca a portare a casa questo risultato, che avrebbe senza dubbio importanti effetti benefici per la nostra economia e per il nostro sistema portuale.

I carnici vogliono il loro elettrodotto interrato

La grande manifestazione tenutasi a Cercivento e a Paluzza contro la realizzazione dell’elettrodotto Würmlach-Somplago di sabato 13 novembre ha sollevato l’attenzione di molti sulla questione dell’importazione di energia elettrica dalle regioni confinanti, che poi in qualche misura sono interconnesse con i centri di produzione di energia elettronucleare.

La Cooperativa carnica di produzione di energia idroelettrica, la Secab, un esempio di sfruttamento delle risorse idriche della montagna a favore delle popolazioni locali, ha definito insieme alla Alpen Adria Energy Line, di cui è socia, un progetto per un elettrodotto interrato che collegherà Würmlach a Paluzza e quindi alla rete – in parte già interrata – che collega i comuni serviti dalla Cooperativa. Malgrado il maggiore sforzo economico che l’interramento comporta, sono state evidentemente superate tutte le obiezioni di carattere tecnico che vengono opposte a questa soluzione per l’elettrodotto di Somplago. L’elettrodotto contro cui la popolazione va protestando dovrebbe passare comunque per Paluzza, superare il Monte Croce Carnico e arrivare alla località carinziana di Würmlach. Perché non adottare la soluzione tecnica dell’interramento,come fa la Secab, che ha ottenuto tutte le autorizzazioni necessarie e si appresta ad avviare i lavori, nei prossimi mesi? Come si vede, la gente ha ragione di protestare.

Cipe e Regione: nessuna grande infrastruttura per il Friuli

Una débacle per la Regione la delibera del Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica, Cipe, di giovedì 18 novembre. Nell’elenco delle opere per 21 miliardi approvate, non un intervento infrastrutturale riguardante il Friuli Venezia Giulia è stato preso in considerazione.

Per il Friuli poco male, perché nessuna delle opere di cui la Regione chiedeva il finanziamento riguardava il Friuli: si trattava infatti della piattaforma logistica del Porto di Trieste, e dell’Alta Velocità Mestre-Trieste, un’opera che forse è utile a livello europeo, ma che per la Bassa Friulana comporterà solo una devastazione del territorio.

Quanto contano gli interessi triestini negli uffici e nei centri di decisione della Regione appare con estrema chiarezza anche in questa occasione. Il  Friuli attende da decenni opere importanti, quali la strada Gemona-Cimpello, necessaria per collegare l’Alto Friuli con l’Autostrada Venezia Trieste senza dover passare per Udine, oppure i due trafori della Mauria e del Monte Croce Carnico, necessari per aprire le vie di comunicazione della Carnia con il Cadore e la Carinzia, consentendole di uscire da uno storico isolamento, oppure le opere di adeguamento delle infrastrutture stradali e ferroviarie necessarie alla realizzazione del Corridoio Adriatico-Baltico, ben più strategico per il Friuli che il corridoio Cinque il quale si limiterà a passare sul territorio friulano senza interconnessioni di rilievo.

Quando i friulani prenderanno in mano il loro destino, e cesseranno di avallare gli interessi del capoluogo giuliano?

I piccoli comuni in Europa

Sta diventando un luogo comune la considerazione secondo la quale i comuni in Regione e in Italia sono troppo numerosi e di dimensioni non tali da consentire la fornitura a costi contenuti di servizi adeguati ai cittadini. Per ridurre i costi delle amministrazioni locali si dovrebbe pertanto spingere verso una fusione dei comuni più piccoli, in modo da aumentare le dimensioni medie delle amministrazioni comunali e ridurre il loro numero. Ne deriverebbero notevoli riduzioni dei costi.
Non è questa la sede per affrontare adeguatamente il problema della riforma degli enti locali, che richiederebbe una coraggiosa riconsiderazione dei compiti e delle funzioni da attribuirsi alle unità amministrative di base (comuni), alle unità amministrative di area vasta (province, circondari, comprensori, distretti, contee, o come altrimenti le si vuol chiamare), e delle unità federali (Regioni, Länder, Stati) e cioè di quelle unità del governo locale che si pongono al di sotto dello Stato, o della Federazione.
Basti in questa sede soltanto considerare che negli altri paesi europei il numero dei comuni è uguale o anche molto superiore a quello del nostro paese o della nostra regione. In Italia i comuni sono 8.094, con 60.442 mila abitanti, in Austria, con 8.350 mila abitanti, i comuni sono 2.381, in Germania, con 82.438 mila abitanti, i comuni sono 13.678, in Francia, con 65.447 mila abitanti, i comuni sono addirittura 36.678. Se vogliamo venire più vicino, la provincia di Udine con 530 mila abitanti conta 137 comuni, mentre la Carinzia, un poco più popolosa avendo 560 mila abitanti, conta 132 comuni, praticamente lo stesso numero. Appare evidente come i comuni, essendo le unità amministrative di base, devono seguire le comunità, per offrire ai cittadini quei servizi diffusi o di sportello che richiedono la presenza degli uffici e delle rappresentanze nelle singole comunità e siano raggiungibili per via pedonale o tutt’al più ciclabile. La Francia ha applicato tale principio in termini estremamente rigorosi.
Una impostazione rigorosamente autonomista non può che favorire i piccoli comuni, perché è a livello di singola comunità che si può partecipare meglio alle gestione della cosa pubblica, si può esercitare il controllo sociale sull’operato degli amministratori, si possono individuare le responsabilità, spingendo al massimo l’autogoverno, e si può garantire l’accesso agevole ad un minimo di servizi di base. Gli autonomisti non devono farsi prendere dai luoghi comuni di un falso efficientismo, che in nome di un risparmio di risorse tolgono i servizi alle popolazioni che scelgono di continuare a risiedere nelle piccole località, che rappresentano punti preziosi di vita sociale e di conservazione delle identità culturali della popolazione.

Valcanale e canal del ferro