Gli attacchi alla democrazia del Governo Monti

La superficialità con la quale i professori universitari affrontano problemi che non rientrano nel loro specifico campo di studio trova una conferma nella recente proposta del Governo Monti di svuotare le province indebolendone i loro organismi rappresentativi. Per dare un contentino ad una opinione pubblica che vuol vedere scorrere sangue a carico della classe politica, propone una riforma delle amministrazioni provinciali che consiste in:
a) soppressione delle Giunte Provinciali, per cui la Amministrazione dovrebbe essere governata dal solo Presidente;
b) riduzione dei Consigli Provinciali a soli dieci consiglieri,
c) elezione di Presidente e di Consiglio da parte dei sindaci dei comuni rientranti nel territorio provinciale.

I soli risultati di tale riforma sarebbero questi:
a) il rafforzamento del ruolo dei Dirigenti e delle burocrazie provinciali, che avrebbero completamente il potere nelle loro mani, non potendo un Presidente non coadiuvato da un Vicepresidente e dagli assessori seguire da vicino tutte le complesse funzioni di cui deve occuparsi una provincia;
b) l’incremento della distanza tra cittadini e amministratori i quali, ridotti a solo dieci, ben difficilmente sarebbero in grado di dare una risposta e una voce alle esigenze dei cittadini (si pensi che nella solo provincia di Udine un consigliere dovrebbe rappresentare 50 mila abitanti);
c) l’opacità dei processi di decisione, qualora gli amministratori provinciali fossero eletti dai sindaci. Si tornerebbe alla democrazia delegata e non a quella diretta che ha rappresentato un notevole salto di qualità per rendere più trasparenti e diretti i rapporti tra cittadini e rappresentanti.

Sarebbe bene che i Governo concentrasse i suoi sforzi nella riduzione del debito pubblico e nel rilancio dell’economia, e non si occupasse di questioni poste al di fuori delle sue capacità di comprensione.


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