COMUNICATI

apr 29, 2013

Per una nuova politica linguistica


La legislatura regionale che si va aprendo dovrà affrontare sfide importanti per il futuro della lingua friulana e per la nostra comunità linguistica. I balbettii finora pronunciati sull’applicazione della legge statale di protezione delle minoranze linguistiche del 1999 e della legge regionale del 2007 sulla tutela della lingua friulana, entrambe rimaste largamente inapplicate, dovranno essere sostituite da una azione forte e chiara, efficace ed incisiva, che operi a tutto campo per la  rivalutazione del patrimonio linguistico friulana. Non si tratta di definire meccanismi istituzionali e operativi sugli strumenti di tutela, o improbabili e inconferenti rivendicazioni del ruolo dei tecnici rispetto a quello dei politici, ma di affrontare con coraggio tre questioni fondamentali. Il primo è quello della attribuzione delle responsabilità di governo della scuola alla comunità friulana. Finché la scuola sarà governata dalle burocrazie ministeriali assolutamente sorde ai diritti linguistici e al pluralismo delle lingue, e la Regione continuerà a mantenere un ruolo sussidiario in materia, non vi saranno prospettive serie di un pieno e convinto impegno delle strutture scolastiche a favore della alfabetizzazione della popolazione giovanile nella lingua propria di questa terra. Il secondo è costituito dalle risorse. La nostra regione gode di un regime di autonomia differenziata che le consente di trattenere in loco una quota superiore del proprio gettito tributario in virtù della propria speciale condizione linguistica; prima o dopo essa sarà chiamata a rendere conto alla comunità nazionale di come la Regione ha utilizzato questo differenziale di risorse, che non sono state utilizzate per favorire il consolidamento e la crescita della comunità linguistica friulana, ma per i più vari scopi, come ad esempio – per citare il caso più eclatante – i rimborsi delle spese private dei consiglieri regionali a carico dell’erario regionale. Nel bilancio regionale vanno ritagliate risorse adeguate alla attuazione di una efficace politica linguistica, che indicativamente vanno indicate nella misura di un importo pari a dieci volte quelle riservate alla minoranza slovena, tenendo conto dei rispettivi rapporti numerici. La terza questione è quella dell’Università. Se non si pone l’Ateneo friulano nelle condizioni si assumere un ruolo traente nella rivalutazione e nello sviluppo della lingua friulana, di scarso effetto saranno le altre misure che dovessero essere applicate in attuazione degli strumenti legislativi vigenti. L’Università è il cuore di un sistema culturale, formativo e di ricerca che deve essere orientato alla rivalutazione e al rafforzamento della nostra comunità linguistica, oltre che la sede in cui si formano le nostre classi dirigenti e le nostre competenze in tema di formazione della popolazione friulana. Essa deve essere messa in grado di contribuire in modo efficace alla formazione del corpo insegnante che deve operare nelle scuole e alla crescita del senso di autocoscienza della comunità friulana. Il che significa porre l’Università nella condizioni di poter bandire cattedre in lingua, letteratura, didattica friulane e di divenire vero motore dello sviluppo culturale della nostra comunità.Se non si riuscirà ad incidere in queste tre direzioni, il percorso di rivalutazione della comunità linguistica friulana sarà assai accidentato e forse destinato all’insuccesso, a fronte della potenza di fuoco delle spinte omologanti della globalizzazione.