Tutti gli articoli di Giorgio Gabriele Lodolo

Il consigliere comunale autonomista di Montereale Filippetto sulle quote rosa

Riceviamo dal consigliere comunale autonomista di Montereale Mario Filippetto la seguente riflessione che merita di essere considerata:
“Crediamo giusto che una legge dello Stato abbia inserito le donne nel mondo della politica poiché rappresentano oltre la metà dell’elettorato. Ci piacerebbe però che fossero tutelate altre rappresentanze della nostra società come ad esempio le categorie dei lavoratori dipendenti, agricoltori, piccoli imprenditori, artigiani, commercianti, pensionati e casalinghe. Non ho citato i liberi professionisti perché nel nostro Parlamento, nei consigli regionali ce ne sono già troppi. Medici, ingegneri, ex magistrati, la nuova categoria di figli dei politici e avvocati che, con le loro migliaia di leggi e leggine a proprio uso e consumo che si lasciano interpretare, hanno ridotto il nostro Paese in questa situazione creando solo burocrazia. Per questi motivi riteniamo utile dare la possibilità anche a persone sconosciute nel
mondo politico ma facenti parte della società civile di poter partecipare attivamente alla vita politica per il bene del Paese riservando delle quote che noi definiamo bianche rosse e verdi come il colore della nostra bandiera nazionale. Questo vuol essere un tentativo di rinnovamento, speranza e giustizia verso tutte le componenti della nostra società, che con pari dignità e che possono concorrere davvero per un reale miglioramento del nostro Paese”.

La prima carta d’identità bilingue italiana-slovena a Tarvisio

E’ stata rilasciata dal Comune di Tarvisio la prima carta d’identità bilingue italiana-slovena. Si tratta di un fatto importante. Siamo d’accordo con il Sindaco Carlantoni che lamenta la impossibilità di rilasciare carte d’identità bilingui in tedesco, pure parlato nella Val Canale che non è altro che un prolungamento della Carinzia, annesso indebitamente dall’Italia dopo il 1918. Bisogna dare diritto a friulani e tedeschi al rilascio della carta d’identità nelle loro lingue.

Le illusioni sulla Tav

Hanno suscitato reazioni esagitate le oneste dichiarazioni rilasciate a “Il Piccolo” dall’Amministratore Delegato delle Ferrovie dello Stato ing.

Mauro Moretti in ordine alla non sostenibilità di un prolungamento della linea dell’Alta velocità dell’Italia settentrionale da Mestre a Trieste. Tra le molte cose importanti dette dall’Ing Moretti, in particolare merita di segnalare:

1) i treni ad alta velocità richiedono un bacino di passeggeri sufficiente per riempirli, e perciò le linee vengono costruite per collegare tra loro grandi città e sistemi metropolitani: ha senso collegare l’area metropolitana di Milano con quella di Venezia Padova, ma il proseguimento su Trieste e Lubiana non ha significato, date le modeste dimensioni dell’area triestina e di tutta l’area che gravita su Lubiana: posto che l’intera regione sia interessata a spostarsi su Trieste per muoversi verso est, si conterebbero 1.200 mila abitanti, mentre solo 2 milioni di sloveni potrebbero gravitare su Lubiana; si tratta di numeri assolutamente insufficienti per rendere convenienti gli ingenti investimenti che l’Alta velocità comporta;

2) la Slovenia questi conti li ha fatti, ed infatti non sembra assolutamente interessata all’Alta velocità di cui non ha nemmeno iniziato qualche forma di progettazione di larga massima: le ingentissime risorse finanziarie necessarie per facilitare i movimenti tra Trieste e Lubiana non appaiono né facilmente reperibili né destinabili a tale opera: ciò che interessa agli sloveni è la valorizzazione del Porto di Capodistria, per il quale il trasporto velocissimo di passeggeri non ha alcun interesse;

3) per lo sviluppo del Porto di Trieste, di quello di Monfalcone e di Porto Nogaro le capacità di movimentazione delle linee ferroviarie attuali sono più che sufficienti e queste comunque potrebbero essere migliorate senza sostenere i costi dell’Alta velocità per la copertura dei quali non vi sono grandi prospettive, date le difficili condizioni del bilancio dello Stato;

4) cresce invece la domanda di mobilità su ferro delle merci verso i mercati austriaci e del Nord Europa, che può essere soddisfatta dalla modernissima linea Pontebbana, che sostiene 30-35 treni al giorno, mentre ne potrebbe ospitare 300.

A fronte di queste realistiche considerazioni, si è lanciata una indignata reazione di tutto il mondo politico e industriale della Regione, che in luogo di prendere in seria considerazione gli argomenti di Moretti, si è lanciato in generiche dichiarazioni riguardanti la posizioni strategica della Regione, la funzione di ponte, le esigenze di sviluppo del Porto di Trieste ed altre amenità che nascondono solo gli interessi di una parte del mondo economico regionale per lucrare su ingenti appalti riguardanti un’opera, che, se realizzata, farà la fine dello Scalo ferroviario di Cervignano: una enorme distesa di binari vuoti la cui realizzazione è servita negli anni Ottanta a finanziare il Partito socialista e la Democrazia Cristiana.

Se si vogliono realizzare investimenti nel settore delle infrastrutture trasportistiche, si pensi all’ampliamento delle capacità del Porto di Monfacone e alla realizzazione di interventi in alcuni punti strategici della Carnia, che deve essere aiutata a migliorare i suoi collegamenti con la Carinzia e il Cadore.

La Germania chiude con il nucleare

Il Friuli rischiava di trovarsi con una centrale nucleare a Monfalcone, o, peggio, nel basso Tagliamento, tra Lignano e Bibione, zone moderatamente antisismiche e con grandi disponibilità di acque. Fortunatamente la tragedia giapponese ha messo in moto un meccanismo che condurrà in pochi anni all’abbandono del nucleare e a grossi investimenti nel settore delle energie rinnovabili, soprattutto nel settore fotovoltaico, ma non solo. E infatti la Germania, il più grande paese industriale d’Europa, ha deciso di rinunciare definitivamente all’energia dell’atomo e di puntare massicciamente sulle energie rinnovabili. La Germania infatti chiuderà per sempre le sue 17 centrali: di queste, 8 sono già state fermate dopo Fukushima, e le rimanenti verranno progressivamente abbandonate, per giungere alla completa chiusura entro il 2022. L’Austria già da tempo ha deciso respingere il nucleare. La Svizzera ha recentemente operato la stessa scelta. Solo la Slovenia rimane con la centrale di Krsko, che si spera venga presto chiusa, abbandonando progetti di raddoppio. La nostra Regione deve prendere coraggio e respingere con forza ogni progetto al riguardo, temporaneamente abbandonato in vista del prossimo referendum. Progetti irresponsabili non devono essere ripresi. La Regione deve dare prova di indipendenza al riguardo, senza cercare diversivi nella proposta di partecipare al raddoppio di Krsko, di cui da parte austriaca si chiede la chiusura.

No alle centrali nucleari: soprattutto in zona sismica

Il disastro della centrale nucleare giapponese ha posto l’attenzione sui gravi rischi e le pesanti conseguenze che possono derivare da un incidente che colpisca un impianto e fatto riflettere il Governo sulle incognite che sono racchiuse in un possibile rilancio di un programma nucleare in Italia.
Gli argomenti che si portano a sostegno dell’energia nucleare sono per lo più i seguenti:
a) si tratta di ridurre la nostra dipendenza energetica dall’esterno, dato che tutti i prodotti energetici, come gas, carbone, petrolio devono essere importati da altri paesi;
b) bisogna ridurre la nostra bolletta energetica dato che l’energia nucleare presenta costi più bassi;
c)    si tratta di ridurre le emissioni di anidride carbonica legate ai processi di combustione.
Unico argomento convincente è quest’ultimo. Per il resto si deve considerare che l’Italia non ha giacimenti di uranio e quindi dovrebbe comunque dipendere dall’estero; va inoltre considerato che la produzione si concentra su pochi paesi, il che può riprodurre situazioni di oligopolio simili a quelle esistenti per gli idrocarburi. Per quanto riguarda il secondo argomento, una attenta analisi dei costi di gestione degli impianti postmortem, di smaltimento delle scorie radioattive, degli oneri si sicurezza e dell’approvvigionamento della materia prima, che finora era relativamente conveniente, ma che andrà ad allinearsi necessariamente con i prezzi del petrolio, portano i costi dell’energia elettronucleare a livelli simili a quelli legati all’impiego del gas e del petrolio, rimanendo solo lievemente inferiori a quelli dell’olio combustibile.
Per quanto si possano migliorare i sistemi di sicurezza e giurare che gli impianti di nuova generazione sono assolutamente sicuri, la scelta nucleare appare assai pericolosa per due ordini di motivi: a) in caso di incidente, pochissimo probabile ma comunque possibile, esso si traduce nell’emissione nell’atmosfera di particelle radioattive che non possono essere controllate: la sua diffusione dipende dai processi atmosferici che non sono controllabili;
b) la produzione di scorie la cui radioattività si estingue dopo migliaia di anni; per quanto sicuri possano essere i siti di immagazzinamento, si tratta pur sempre di produrre materiali i cui effetti letali non sono estinguibili.
Per queste ragioni riteniamo che l’opzione nucleare non sia accettabile e che si debba puntare con forza e impegno di mezzi finanziari importanti sulle energie alternative e soprattutto sulle energie rinnovabili e in particolare su quelle solari.
La crisi giapponese arriva nel momento opportuno, in quanto il Governo italiano si apprestava a rilanciare un programma nucleare e a individuare i siti per la costruzione di un certo numero di centrali (mediamente una per regione). Per la nostra regione indiscrezioni diffusesi recentemente individuavano tra i siti possibili Monfalcone (una città di oltre 30 mila abitanti!), il basso Tagliamento (in prossimità di Lignano o di Bibione!), o il medio Tagliamento (tra Spilimbergo e Latisana).
Il Presidente della Regione, riconoscendo la difficoltà di individuare un sito accettabile nel territorio della nostra piccola e abitatissima regione, ha proposto di partecipare al raddoppio della centrale slovena di Krsko, che è collocata in zona sismica e che si trova a circa 150 chilometri dalla nostra regione. Invece di chiederne il raddoppio, farebbe bene a unirsi all’Austria che va chiedendo alla Slovenia di smantellarla, proprio per la sua posizione in zona sismica e a breve distanza dal confine austriaco.