Archivi categoria: Cultura

La prima carta d’identità bilingue italiana-slovena a Tarvisio

E’ stata rilasciata dal Comune di Tarvisio la prima carta d’identità bilingue italiana-slovena. Si tratta di un fatto importante. Siamo d’accordo con il Sindaco Carlantoni che lamenta la impossibilità di rilasciare carte d’identità bilingui in tedesco, pure parlato nella Val Canale che non è altro che un prolungamento della Carinzia, annesso indebitamente dall’Italia dopo il 1918. Bisogna dare diritto a friulani e tedeschi al rilascio della carta d’identità nelle loro lingue.

La Germania chiude con il nucleare

Il Friuli rischiava di trovarsi con una centrale nucleare a Monfalcone, o, peggio, nel basso Tagliamento, tra Lignano e Bibione, zone moderatamente antisismiche e con grandi disponibilità di acque. Fortunatamente la tragedia giapponese ha messo in moto un meccanismo che condurrà in pochi anni all’abbandono del nucleare e a grossi investimenti nel settore delle energie rinnovabili, soprattutto nel settore fotovoltaico, ma non solo. E infatti la Germania, il più grande paese industriale d’Europa, ha deciso di rinunciare definitivamente all’energia dell’atomo e di puntare massicciamente sulle energie rinnovabili. La Germania infatti chiuderà per sempre le sue 17 centrali: di queste, 8 sono già state fermate dopo Fukushima, e le rimanenti verranno progressivamente abbandonate, per giungere alla completa chiusura entro il 2022. L’Austria già da tempo ha deciso respingere il nucleare. La Svizzera ha recentemente operato la stessa scelta. Solo la Slovenia rimane con la centrale di Krsko, che si spera venga presto chiusa, abbandonando progetti di raddoppio. La nostra Regione deve prendere coraggio e respingere con forza ogni progetto al riguardo, temporaneamente abbandonato in vista del prossimo referendum. Progetti irresponsabili non devono essere ripresi. La Regione deve dare prova di indipendenza al riguardo, senza cercare diversivi nella proposta di partecipare al raddoppio di Krsko, di cui da parte austriaca si chiede la chiusura.

No alle centrali nucleari: soprattutto in zona sismica

Il disastro della centrale nucleare giapponese ha posto l’attenzione sui gravi rischi e le pesanti conseguenze che possono derivare da un incidente che colpisca un impianto e fatto riflettere il Governo sulle incognite che sono racchiuse in un possibile rilancio di un programma nucleare in Italia.
Gli argomenti che si portano a sostegno dell’energia nucleare sono per lo più i seguenti:
a) si tratta di ridurre la nostra dipendenza energetica dall’esterno, dato che tutti i prodotti energetici, come gas, carbone, petrolio devono essere importati da altri paesi;
b) bisogna ridurre la nostra bolletta energetica dato che l’energia nucleare presenta costi più bassi;
c)    si tratta di ridurre le emissioni di anidride carbonica legate ai processi di combustione.
Unico argomento convincente è quest’ultimo. Per il resto si deve considerare che l’Italia non ha giacimenti di uranio e quindi dovrebbe comunque dipendere dall’estero; va inoltre considerato che la produzione si concentra su pochi paesi, il che può riprodurre situazioni di oligopolio simili a quelle esistenti per gli idrocarburi. Per quanto riguarda il secondo argomento, una attenta analisi dei costi di gestione degli impianti postmortem, di smaltimento delle scorie radioattive, degli oneri si sicurezza e dell’approvvigionamento della materia prima, che finora era relativamente conveniente, ma che andrà ad allinearsi necessariamente con i prezzi del petrolio, portano i costi dell’energia elettronucleare a livelli simili a quelli legati all’impiego del gas e del petrolio, rimanendo solo lievemente inferiori a quelli dell’olio combustibile.
Per quanto si possano migliorare i sistemi di sicurezza e giurare che gli impianti di nuova generazione sono assolutamente sicuri, la scelta nucleare appare assai pericolosa per due ordini di motivi: a) in caso di incidente, pochissimo probabile ma comunque possibile, esso si traduce nell’emissione nell’atmosfera di particelle radioattive che non possono essere controllate: la sua diffusione dipende dai processi atmosferici che non sono controllabili;
b) la produzione di scorie la cui radioattività si estingue dopo migliaia di anni; per quanto sicuri possano essere i siti di immagazzinamento, si tratta pur sempre di produrre materiali i cui effetti letali non sono estinguibili.
Per queste ragioni riteniamo che l’opzione nucleare non sia accettabile e che si debba puntare con forza e impegno di mezzi finanziari importanti sulle energie alternative e soprattutto sulle energie rinnovabili e in particolare su quelle solari.
La crisi giapponese arriva nel momento opportuno, in quanto il Governo italiano si apprestava a rilanciare un programma nucleare e a individuare i siti per la costruzione di un certo numero di centrali (mediamente una per regione). Per la nostra regione indiscrezioni diffusesi recentemente individuavano tra i siti possibili Monfalcone (una città di oltre 30 mila abitanti!), il basso Tagliamento (in prossimità di Lignano o di Bibione!), o il medio Tagliamento (tra Spilimbergo e Latisana).
Il Presidente della Regione, riconoscendo la difficoltà di individuare un sito accettabile nel territorio della nostra piccola e abitatissima regione, ha proposto di partecipare al raddoppio della centrale slovena di Krsko, che è collocata in zona sismica e che si trova a circa 150 chilometri dalla nostra regione. Invece di chiederne il raddoppio, farebbe bene a unirsi all’Austria che va chiedendo alla Slovenia di smantellarla, proprio per la sua posizione in zona sismica e a breve distanza dal confine austriaco.


Cultura carnica: il nuovo libro di Domenico Adami

E’ uscito in questi giorni per iniziativa del Comune di Cercivento un nuovo libro dovuto alla penna dell’amico Domenico Adami di Ravascletto, che si definisce un moderno “cantastorie”, in quanto la sua attività è in parte orientata a raccogliere e a diffondere il ricco corpo di fiabe e di leggende trasmesse di generazione in generazione alle famiglie carniche.
Il libro si intitola “Cercivento e le sue fiabe – Presente e passato nella cultura orale di un paese di montagna”, che raccomandiamo alla attenzione dei nostri lettori.

A rischio la legge sulle minoranze tedesche

Nel 2009 il consiglio regionale per iniziativa del consigliere regionale tarvisiano Franco Baritussio del PdL approvava una legge organica per la tutela delle minoranze linguistiche germanofone del Friuli: la Val Canale, Sauris e Timau (e speriamo prossimamente Sappada). Si tratta di un insieme organico di interventi diretti a garantire la sopravvivenza di queste significative minoranze di antica origine, che sono sottoposte alla pressione del friulano e dell’italiano. Si considerano non solo interventi sul piano della cultura, ma anche su quello della istruzione e della formazione, e, vale la pena di sottolineare, anche sul piano del sostegno e della promozione delle attività economiche locali, senza il cui sviluppo è vano parlare di conservazione della identità linguistica di quelle comunità, che rischiano di collassare senza coraggiosi interventi per la crescita di attività imprenditoriali locali non solo nel settore turistico.
Naturalmente si sono subito messe in moto le resistenze della burocrazia regionale sostenute dall’insensibilità della classe politica regionale. Il finanziamento previsto dalla legge regionale 20/2009 era minimale, consistendo in appena 200 mila euro annui. Nella bozza di legge finanziaria 2011 in corso di predisposizione tale finanziamento per iniziativa delle strutture burocratiche sono state dimezzate, e cioè portate a 100 mila euro.
Scoperto tale intervento, il Consigliere Baritussio ha subito protestato con una interrogazione al nuovo Assessore alla cultura Elio De Anna. Si spera che non solo l’importo originario venga ripristinato, ma che venga adeguatamente rimpinguato, in quanto con 200 mila euro ben difficilmente si può dare una spinta efficace alla promozione di un patrimonio linguistico e culturale di grande valore.
Duole ancora lamentare l’arretratezza culturale di una classe politica che non comprende da un lato il valore di una testimonianza storica e linguistica di grande importanza come quella dei “tedeschi in Friuli” e dall’altra l’opportunità comunque di realizzare investimenti significativi in montagna.